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Christine Lagarde
The President of the European Central Bank
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La stabilità dei prezzi e la trasmissione della politica monetaria nell’area dell’euro

Intervento di Christine Lagarde, Presidente della BCE, in occasione dell’ECB Forum on Central Banking 2022 sul tema “Sfide per la politica monetaria in un mondo in rapida evoluzione” a Sintra, Portogallo

Sintra, 28 giugno 2022

L’inflazione nell’area dell’euro si colloca su un livello elevato inopportuno e si prevede che ciò si protrarrà ancora per qualche tempo, mettendo a dura prova la nostra politica monetaria.

A fronte delle mutevoli prospettive di inflazione, abbiamo coerentemente seguito il percorso di normalizzazione della politica monetaria che avevamo deciso di imboccare a dicembre dello scorso anno, portando avanti un progressivo aggiustamento della sua intonazione.

Questa settimana giungeranno al termine gli acquisti netti di attività nell’ambito dei nostri vari programmi. A luglio intendiamo innalzare i tassi di riferimento per la prima volta in 11 anni e abbiamo fornito alcune indicazioni in merito alla riunione di politica monetaria di settembre e all’andamento dei tassi che prospettiamo in seguito.

Avanzeremo lungo questo sentiero di normalizzazione e ci spingeremo fin dove necessario per assicurare che l’inflazione si stabilizzi sul nostro obiettivo del 2% nel medio termine.

Victor Hugo avrebbe detto che la perseveranza è il “segreto di tutti i trionfi”.

Al tempo stesso, l’area dell’euro differisce da alcune altre grandi economie per due ragioni fondamentali e il percorso di normalizzazione deve essere gestito tenendone conto.

Innanzitutto, attualmente l’inflazione nell’area dell’euro è sospinta da un insieme complesso di fattori che riflettono in parte le nostre strutture economiche e dipendenze strategiche. Ciò crea incertezza riguardo ai tempi di riavvicinamento dell’inflazione al nostro obiettivo di medio termine.

Date queste premesse, dobbiamo agire con determinazione e perseveranza, muovendoci gradualmente e restando aperti a tutte le opzioni. Tenere fede a questi principi significa procedere con gradualità se le prospettive risultano incerte, ma lasciando aperta l’opzione di intervenire con decisione in caso di deterioramento dell’inflazione a medio termine, specie al manifestarsi di avvisaglie di un disancoraggio delle aspettative di inflazione.

In secondo luogo, l’area dell’euro presenta un assetto istituzionale unico nel suo genere, che ruota attorno 19 mercati finanziari nazionali non ancora pienamente integrati e 19 politiche di bilancio, con un coordinamento limitato. La conseguenza di questa peculiarità è il rischio di una trasmissione disomogenea del nostro orientamento di politica monetaria all’interno dell’unione.

È per tale ragione che abbiamo costantemente sottolineato che la flessibilità è parte integrante del processo di normalizzazione della nostra politica monetaria. È indispensabile per conseguire un adeguato orientamento della politica monetaria e per tutelare la stabilità dei prezzi in condizioni di inflazione eccessivamente elevata.

Nel mio intervento odierno esporrò come una combinazione di shock colpisce attualmente l’economia dell’area dell’euro, come l’intonazione della nostra politica monetaria dovrebbe rispondere alle sfide generate da tali shock e infine come possiamo preservare la trasmissione degli impulsi nell’intera area.

Gli shock che colpiscono l’economia dell’area dell’euro

In linea generale, l’inflazione nell’area dell’euro è sospinta da due diverse tipologie di shock.

In primo luogo, all’origine dell’inflazione vi è una straordinaria serie di shock esterni.

Le interruzioni nelle catene di approvvigionamento associate a un aumento della domanda a livello mondiale hanno provocato bruschi rincari dei beni industriali lungo la catena di formazione dei prezzi[1]. I disallineamenti tra l’offerta e la domanda sui mercati mondiali dell’energia hanno spinto al rialzo le quotazioni dell’energia per l’area dell’euro. Il conflitto russo-ucraino ha amplificato entrambi i fattori, oltre a determinare l’aumento dei prezzi dei beni alimentari a livello mondiale.

A causa della sua dipendenza energetica, l’area dell’euro risente acutamente di questi shock[2]. I beni alimentari e i prodotti industriali non registravano livelli così elevati di inflazione dalla metà degli anni ’80[3]. Inoltre, l’incremento del prezzo relativo dell’energia osservato negli ultimi mesi è molto più alto delle punte massime degli anni ’70.

Le componenti dell’energia, dei beni alimentari e dei prodotti industriali rappresentano nell’insieme circa l’80% del tasso di inflazione complessivo registrato dall’inizio di quest’anno.

Il secondo fattore alla base dell’accelerazione dei prezzi, i cui effetti si sono peraltro acuiti negli ultimi mesi, è la ripresa della domanda interna in seguito alla riapertura dell’economia dopo la pandemia.

Assistiamo al riorientamento della spesa dai beni ai servizi con il venir meno delle restrizioni, mentre la domanda repressa di attività turistiche e di svago si dimostra inaspettatamente vigorosa. Il recupero della spesa ha fatto registrare un incremento dell’inflazione nel settore dei servizi al 3,5% in maggio, il tasso più elevato registrato dalla metà degli anni ’90, con picchi nei settori ad alta intensità di contatti interpersonali.

Questi shock, in particolare l’impennata dei prezzi dei beni energetici, sospingono l’inflazione a breve termine su livelli molto elevati. Ci inducono inoltre a rivedere significativamente al rialzo le previsioni di inflazione sul medio periodo. In base alle proiezioni di giugno degli esperti dell’Eurosistema l’inflazione si collocherebbe oltre il 2% sull’intero orizzonte di riferimento, ripiegando su un livello leggermente superiore al nostro obiettivo di medio termine nel 2024.

La persistenza dell’inflazione

L’entità e la complessità degli shock creano tuttavia incertezza anche riguardo a quanto sarà probabilmente persistente questa inflazione.

Non siamo in presenza di una limpida situazione di eccesso di domanda generalizzato o di surriscaldamento dell’economia, in cui la traiettoria dell’inflazione a medio termine sarebbe stata più chiara. Nonostante la ripresa osservata nel settore dei servizi, i consumi privati nell’area dell’euro sono ancora inferiori di oltre il 2% rispetto al livello antecedente la pandemia. E gli investimenti restano contenuti.

Le aspettative di inflazione a più lungo termine, malgrado alcuni segnali di revisioni al di sopra del nostro obiettivo negli ultimi mesi, si collocano attualmente attorno al 2% in base a una serie di misure. Ciò conferma lo scenario di base delle nostre proiezioni, in cui l’inflazione convergerebbe verso il nostro obiettivo a medio termine.

Al tempo stesso, le pressioni inflazionistiche si intensificano e si ampliano nell’economia interna. Ad aprile quasi quattro quinti delle voci nel paniere dei consumi hanno registrato rincari superiori al 2% sui dodici mesi, e non solo a causa di prezzi all’importazione elevati. Un nuovo indicatore della BCE per l’inflazione interna, da cui sono escluse le voci ad alto contenuto di beni importati, si situa al momento oltre il 3%[4].

In questo contesto, è importante capire quanto persistenti è probabile che diventino le pressioni sui prezzi interni. A tal fine occorre tenere in considerazione diversi fattori.

In primo luogo, l’inflazione inizia a prendere piede nel settore dei servizi, che è la componente più “vischiosa” del paniere e ha un peso maggiore rispetto ai beni[5].

In secondo luogo, la disoccupazione è al minimo storico nell’area dell’euro[6], le carenze di manodopera sono generalizzate a tutti i settori e gli indicatori della domanda di manodopera restano elevati. Le condizioni più tese nel mercato del lavoro, insieme alla rincorsa fra salari e prezzi nel contesto di alta inflazione, suggeriscono un’accelerazione a venire della dinamica retributiva. Le nostre ultime previsioni indicano una crescita dei salari[7] oltre il 4% nel 2022 e 2023 e al 3,7% nel 2024, quasi il doppio rispetto alla media storica antecedente la pandemia.

In terzo luogo, alla luce dell’insieme di questi fattori la nostra proiezione per l’inflazione di fondo nel 2024 si colloca al 2,3%; nell’area dell’euro questa misura dell’inflazione tende a essere un indicatore dell’inflazione complessiva nel medio periodo.

Ravvisiamo anche segnali di una possibile maggiore persistenza degli shock dal lato dell’offerta che colpiscono l’economia. Sebbene sia ragionevole presumere che le interruzioni lungo le catene di approvvigionamento mondiali verranno gradualmente risolte, le prospettive per i beni energetici e le materie prime non sono limpide.

Non si intravede ancora una conclusione del conflitto russo-ucraino e permane il rischio di tagli delle forniture di energia che potrebbero mantenerne elevati i prezzi. Ciò potrebbe contribuire all’inflazione in modo diretto, se ne conseguissero ulteriori aumenti dei costi dell’energia, o indiretto, qualora il rincaro dei beni energetici rendesse antieconomica una parte della produzione e determinasse una perdita duratura di capacità economica.

È altresì probabile che la guerra acceleri la transizione verde dell’Europa nell’ottica del rafforzamento della nostra sicurezza energetica. Nel lungo periodo, quindi, i costi dell’energia dovrebbero diminuire in Europa. Nel frattempo, però, potrebbero registrarsi rincari dei minerali e metalli rari[8], costi più elevati per gli investimenti necessari nelle tecnologie pulite e un’espansione dei regimi di fissazione dei prezzi del carbonio[9].

L’incertezza riguardo alla crescita

Questi shock hanno implicazioni anche per la crescita e possono pertanto incidere sulle prospettive di inflazione a medio termine. A cosa stiamo assistendo su questo fronte?

Gli shock esogeni dal lato dell’offerta che si ripercuotono sull’area dell’euro influenzano la spesa. L’aumento dei prezzi delle importazioni rappresenta un “dazio” che riduce il reddito complessivo dell’economia.

Le famiglie subiscono una contrazione del reddito reale. La crescita dei salari reali è negativa da due trimestri consecutivi. Dalle indagini condotte presso i consumatori emerge peraltro che le famiglie si aspettano ulteriori riduzioni dei propri redditi reali e consumi nei prossimi dodici mesi.

Le imprese tentano di proteggere i margini alzando i prezzi, ma questo contesto di incertezza le induce altresì a posticipare le decisioni di investimento. Inoltre sembra ora rallentare la crescita delle vendite. Gli ultimi indici dei responsabili degli acquisti (Purchasing Managers’ Indices) segnalano un’interruzione della crescita dei nuovi ordinativi, mentre le aspettative delle imprese sui dodici mesi hanno raggiunto il livello più basso da ottobre 2020.

Nel contempo, la spesa è sorretta dallo stimolo impartito alla domanda dalla piena riapertura del settore dei servizi. I consumi sono inoltre protetti dall’ampio risparmio accumulato dalle famiglie durante la pandemia, dalle misure di sostegno di bilancio e dal perdurante vigore del mercato del lavoro, che nel complesso contribuisce a sostenere i redditi da lavoro.

Tuttavia, se gli shock dal lato dell’offerta si protrarranno e se l’inflazione resterà nettamente superiore alla crescita dei salari, le perdite di reddito reale potrebbero intensificarsi e il margine fornito dal risparmio eccedente potrebbe erodersi. Il contraccolpo sulla domanda potrebbe mettere alla prova la capacità di tenuta del mercato del lavoro e potenzialmente attenuare l’aumento atteso dei redditi da lavoro.

In tale contesto, abbiamo rivisto notevolmente al ribasso le nostre previsioni per la crescita nei prossimi due anni. Continuiamo però ad attenderci tassi di espansione economica positivi in considerazione dei margini di assorbimento interni a fronte di una perdita di slancio della crescita.

Verso la normalizzazione dei tassi

Tenuto conto delle prospettive generali, il processo di normalizzazione della nostra politica monetaria continuerà con determinazione e perseveranza. Tuttavia, data la perdurante incertezza, il ritmo della normalizzazione dei tassi di interesse non può essere predeterminato.

Come ho esposto in un recente articolo del Blog della BCE[10], l’intonazione di politica monetaria appropriata deve incorporare i nostri principi di gradualità e apertura a tutte le opzioni.

La gradualità consente ai responsabili della politica monetaria di valutare nel continuo l’impatto delle proprie azioni sulle prospettive di inflazione, una strategia prudente in tempi incerti. L’apertura a tutte le opzioni permette alla politica monetaria di reagire prontamente in base ai nuovi dati sull’economia e sulle aspettative di inflazione e, se l’incertezza diminuisce, la sua traiettoria può essere riottimizzata di conseguenza. È evidente che in determinate circostanze il principio della gradualità non sarebbe adeguato. Se ad esempio riscontrassimo una minaccia di disancoraggio delle aspettative di inflazione oppure avvisaglie di una perdita più permanente di potenziale economico con effetti di limitazione sulle risorse disponibili, dovremmo rimuovere l’accomodamento monetario più rapidamente per sventare il rischio di una spirale autoalimentata.

Questi due elementi dell’orientamento di politica monetaria sottendono alle decisioni del Consiglio direttivo nella riunione del 9 giugno.

Coerentemente con il principio di gradualità, abbiamo annunciato che porremo fine agli acquisti netti di attività nell’ambito del nostro programma di acquisto di attività il 1o luglio e che intendiamo aumentare i nostri tre tassi di interesse di riferimento di 25 punti base nella prossima riunione, il 21 luglio.

Ma abbiamo anche annunciato che ci aspettiamo di innalzare i tassi di riferimento di nuovo in settembre e “se le prospettive di inflazione nel medio periodo permarranno tali o si deterioreranno, un incremento maggiore sarà appropriato alla nostra riunione di settembre”.

Ciò riflette la nostra apertura a tutte le opzioni. Se le prospettive di inflazione non miglioreranno, avremo informazioni sufficienti per procedere più rapidamente. Questo impegno è tuttavia guidato dai dati.

Non bisogna confondere questo approccio condizionato nel ritmo di aggiustamento dei tassi di interesse con un ritardo della normalizzazione. Il nostro orientamento di politica monetaria si fonda su una chiara funzione di reazione; pertanto le aspettative sui tassi di interesse e i tassi privi di rischio possono adattarsi prima.

Gli effetti dell’aggiustamento della nostra politica monetaria si stanno già manifestando nell’economia dell’area dell’euro. Il tasso €STR a termine su un orizzonte di dieci anni si colloca circa 240 punti base al di sopra del suo livello pre-pandemia, senza che i nostri tassi di riferimento siano cambiati. I tassi reali a termine a un anno su un orizzonte di un anno e i tassi reali a termine a cinque anni su un orizzonte quinquennale sono più elevati rispettivamente di circa 100 e 140 punti base.

Dopo settembre, il Consiglio direttivo ha convenuto che un percorso “graduale ma duraturo” di ulteriori innalzamenti dei tassi di interesse sarà appropriato. Il punto di partenza di ogni riunione sarà una valutazione dell’evoluzione degli shock, delle loro implicazioni per le prospettive e di quanto confidiamo in una convergenza dell’inflazione verso il nostro obiettivo a medio termine.

La trasmissione degli impulsi di politica monetaria

Affinché tali modifiche nell’intonazione della nostra politica monetaria risultino efficaci, dobbiamo preservarne l’ordinata trasmissione in tutta l’area dell’euro.

La BCE conduce la politica monetaria in un’unione monetaria incompleta, in cui essa deve trasmettersi attraverso 19 diversi mercati finanziari e dei titoli di Stato. I rendimenti di questi titoli forniscono il parametro di riferimento per la determinazione del prezzo di tutte le altre attività finanziarie del settore privato nei 19 Stati membri, assicurando, in definitiva, anche che i nostri impulsi di politica monetaria raggiungano le singole imprese e famiglie.

Se in alcuni paesi i differenziali rispondono in modo rapido e disordinato a una modifica dei tassi privi di rischio sottostanti, in misura sproporzionata rispetto ai fondamentali economici, ciò inficia la nostra capacità di portare avanti una politica monetaria unica. In simili circostanze, a una modifica nell’intonazione della politica monetaria può fare seguito una risposta asimmetrica delle condizioni finanziarie, indipendentemente dal rischio di credito dei singoli prenditori di fondi.

Si genera quindi una situazione di frammentazione ingiustificata, nella quale è indispensabile preservare la trasmissione della politica monetaria per poter riportare l’inflazione al nostro obiettivo.

La normalizzazione della nostra politica monetaria determinerà naturalmente un incremento dei tassi privi di rischio e dei rendimenti dei titoli di Stato. Inoltre, date le diverse condizioni di partenza delle finanze pubbliche nei vari paesi dell’area dell’euro, ciò può dare luogo anche a un ampliamento dei differenziali.

Tuttavia, al fine di preservare l’ordinata trasmissione della politica monetaria nell’intera area dell’euro, dobbiamo assicurare che tale rivalutazione non sia esacerbata e distorta da dinamiche di mercato destabilizzanti, con una conseguente frammentazione del nostro impulso iniziale di politica monetaria. Sul rischio di frammentazione incide anche la pandemia; le vulnerabilità durature che ha lasciato nell’area dell’euro contribuiscono ora a rendere disomogenea la trasmissione della normalizzazione della nostra politica nei diversi paesi.

Il Consiglio direttivo interviene quindi in due direzioni.

In primo luogo, adotterà flessibilità nel reinvestire il capitale rimborsato sui titoli in scadenza del portafoglio del Programma di acquisto per l’emergenza pandemica (PEPP), al fine di preservare il funzionamento del meccanismo di trasmissione della politica monetaria. In altre parole, il capitale rimborsato può essere investito nell’ambito dell’Eurosistema, ove opportuno, nei mercati dei titoli di paesi in cui la trasmissione ordinata risulta a rischio. Abbiamo deciso di adottare tale flessibilità nel reinvestire il capitale rimborsato sui titoli in scadenza del portafoglio PEPP a partire dal 1o luglio.

In secondo luogo, abbiamo deciso di incaricare i comitati dell’Eurosistema competenti e i servizi della BCE affinché si acceleri il completamento della progettazione di un nuovo strumento da sottoporre all’esame del Consiglio direttivo. Tale strumento dovrà essere efficace e al tempo stesso proporzionato e dotato di presidi sufficienti per salvaguardare l’impegno degli Stati membri a perseguire una solida politica di bilancio.

Questa decisione è in piena sintonia con la tradizione della BCE. In passato la BCE è ricorsa a strumenti separati per intervenire sull’inflazione e per preservare il funzionamento del meccanismo di trasmissione della politica monetaria. Le misure a salvaguardia della trasmissione potevano essere utilizzate a fronte di qualsiasi livello dei tassi di interesse, purché concepite in modo da non interferire con l’intonazione della politica monetaria.

Quando l’inflazione scendeva su livelli troppo bassi, aveva senso passare dalla “separazione” alla “combinazione” degli strumenti, affinché contribuissero tutti a rafforzare il necessario allentamento della politica monetaria. È per questo motivo, ad esempio, che abbiamo strettamente associato gli acquisti di attività con le indicazioni prospettiche (forward guidance) sui tassi. Tuttavia, ora che l’inflazione elevata rappresenta la sfida principale, è utile separare di nuovo gli strumenti di politica monetaria.

Se la trasmissione della politica monetaria sarà salvaguardata nell’intera area dell’euro, i tassi potranno salire fino al livello necessario. Non occorrono pertanto compromessi fra l’introduzione di questo nuovo strumento e l’adozione dell’orientamento di politica monetaria necessario per stabilizzare l’inflazione sul nostro obiettivo. Di fatto, l’una rende possibile l’altra.

Conclusioni

Per concludere, l’area dell’euro sta affrontando un insieme complesso di shock che comprimono la crescita e sospingono al rialzo l’inflazione. In tale contesto è imprescindibile che i responsabili delle politiche, nell’ambito dei rispettivi mandati, facciano fronte ai rischi per le prospettive economiche.

Le autorità di bilancio devono fare la loro parte per contenere questi rischi fornendo un sostegno mirato temporaneo e aderendo, nel medio termine, a un quadro fondato su regole che promuova sia la sostenibilità del debito sia la stabilizzazione macroeconomica.

Siamo fermamente impegnati ad assicurare che l’inflazione torni al 2% nel medio periodo. Ai fini della normalizzazione della nostra politica monetaria abbiamo definito una strategia che ci consente di rispondere agilmente a un contesto di inflazione elevata.

Faremo in modo di preservare l’ordinata trasmissione degli impulsi di politica monetaria in tutta l’area dell’euro. Nelle parole di Leonardo da Vinci, “ogni ostacolo si sottomette alla rigida determinazione”. Affronteremo qualsiasi ostacolo che possa mettere a rischio il nostro mandato di stabilità dei prezzi.

  1. Kalemli-Özcan, S., di Giovanni, J., Silva, A. e Yıldırım, M. (2022), “Global supply chain pressures, international trade and inflation”, documento presentato all’ECB Forum on Central Banking, Sintra, 27-29 giugno 2022.

  2. Bjørnland, H. (2022), “The effect of rising energy prices amid geopolitical developments and supply disruptions”, documento presentato all’ECB Forum on Central Banking, Sintra, 27-29 giugno 2022.

  3. Sulla base delle serie storiche dei dati dell’indice dei prezzi al consumo per i paesi dell’area dell’euro.

  4. Fröhling, A., O’Brien, D. e Schaefer, S. (2022), “Un nuovo indicatore dell’inflazione interna per l’area dell’euro”, Bollettino economico, numero 4, BCE.

  5. Per l’importanza crescente dei servizi nell’indice armonizzato dei prezzi al consumo, si veda Baldwin, R. (2022), “Globotics and macroeconomics: Globalisation and automation of the service sector”, documento presentato all’ECB Forum on Central Banking, Sintra, 27-29 giugno 2022.

  6. Tuttavia, l’1,1% dei lavoratori usufruisce ancora dei programmi di sostegno al mantenimento dei posti di lavoro.

  7. Reddito per occupato.

  8. Agenzia internazionale per l’energia (2022), “The Role of Critical Minerals in Clean Energy Transitions”, versione rivista, marzo.

  9. Kuik, F., Morris, R. e Sun, Y. (2022), “L’impatto dei cambiamenti climatici sull’attività economica e sui prezzi: evidenze da un’indagine presso imprese leader”, Bollettino economico, numero 4, BCE; Bua, G., Kapp, D., Kuik, F. e Lis, E. (2021), “Prezzi delle quote di emissione dell’UE nell’ambito del piano d’azione della BCE per i cambiamenti climatici”, Bollettino economico, numero 6, BCE.

  10. Lagarde, C. (2022), “Monetary policy normalisation in the euro area”, Il Blog della BCE, 23 maggio.

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